Saluto di Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Claudio Gugerotti, Nunzio apostolico in Ucraina, al Sinodo dei Vescovi della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina

Lviv-Briukhovychi, 3 settembre 2018

 

Beatitudine, Eccellentissimi Metropoliti, Arcivescovi, Vescovi, responsabili delle comunità greco-cattoliche ucraine nel mondo, illustri ospiti presenti,

all’inizio di questo vostro Sinodo ho l’onore di portarvi, come già vi dicevo ieri nella Divina Liturgia, il saluto, la benedizione e la presenza di Papa Francesco. Sapete che non sono giorni facili per la Chiesa cattolica in generale e per il Papa in particolare. Sono molto felice di poter portare al Santo Padre prossimamente la solidarietà e la filiale fraternità che mi ha affidato personalmente Sua Beatitudine, chiedendomi di farmi partecipe della voce e dei sentimenti di tutti voi nelle vicende purtroppo non facili che stiamo attraversando.

In qualsiasi parte del mondo ci troviamo come figli della Chiesa cattolica, siamo chiamati a verificare anzitutto il nostro sostegno ai temi fondamentali della nostra vita ecclesiale, quali quelli connessi con la formazione al sacerdozio ed il sostegno della vita sacerdotale. Allo stesso tempo siamo chiamati a individuare una strategia che sia autenticamente evangelica, dove il sì sia sì e il no sia no, perché il resto viene dal maligno. In questi tempi in alcune parti del mondo ogni espressione, ogni parola, ogni manifestazione da parte dei Vescovi viene passata al setaccio ed esaminata con la lente d’ingrandimento. Grazie a Dio, in Ucraina ci troviamo in un contesto più sereno. Ma nel mondo globale in cui viviamo è chiaro che dovremo prestare la massima attenzione anche qui a questi problemi per il bene della Chiesa anzitutto, perché essa risplenda nella sua testimonianza di fede a Cristo e anche con tanta prudenza: oggi facciamo notizia quando parliamo, facciamo notizia quando tacciamo, facciamo notizia quando interveniamo e facciamo notizia quando ci asteniamo dall’intervenire.

Questo vostro Sinodo si svolge con grande responsabilità in un momento speciale della vita dell’Ucraina e so che non tocca a me fare l’analisi della situazione presente: Sua Beatitudine e voi tutti siete certamente a conoscenza dei dettagli di questa condizione storica molto meglio di me. Mi permetto solo di richiamare una tematica che è stata al centro dell’attenzione comune nel Paese e che continua ad esserlo: la concessione del Tomos di Autocefalia alla Chiesa Ortodossa Locale; una specie di misteriosa chimera, di cui si parla ma che non si vede, che si attende ma non si sa quando arriverà, di cui le persone parlano ma non si sa che cosa dicano esattamente. Vorrei a questo proposito complimentarmi vivamente con Sua Beatitudine per come si è espresso in questi mesi in cui si discute questa tematica, estremamente delicata anche per la Chiesa Greco-Cattolica Ucraina perché racchiude molti aspetti che fanno parte della sua sensibilità fin da tempi remoti e comprende tematiche che essa ha sentito e studiato nel passato e nel presente, quale istanza ad un tempo cristiana e nazionale. Questa riflessione ha aiutato tutti a concentrarsi sul fatto che la Chiesa è prima di tutto la sposa di Cristo, e soltanto dopo l’espressione di un orientamento e di una sensibilità sociale. Non sempre questo è stato garantito nel dibattito pubblico, nel quale si sarebbe voluto sentire parlare più di fede e meno di politica, visto che si tratta della natura e dell’articolazione della Chiesa. Un esempio, direi, molto calzante e significativo è stato il discorso che Sua Beatitudine Sviatoslav ha tenuto in un contesto molto alto come quello del 1030º anniversario del battesimo della Rus di Kiev. In quella occasione la varietà di stili espressivi dei diversi oratori è stata anche una delle differenze nel modo di affrontare certe tematiche religiose. Questo tempo, io credo, sia stato un crogiuolo di sofferenza ma anche una grande occasione per la Chiesa Greco-Cattolica di capire i propri connotati ancora più profondamente ed incisivamente, e quindi di andare all’essenziale della sua storia e della sua identità. La Chiesa universale è fiera di averla come parte costitutiva di sè, capace di mostrare al mondo tutte le fatiche e le difficoltà, ma anche le speranze che sono connesse all’impegno di vivere la piena appartenenza all’oriente cristiano e la piena comunione col Pontefice Romano.

Rivolgo tanti auguri a tutti voi perché possiate passare indenni tra queste turbolenze e, visto che avete già al vostro interno tutte le componenti della pienezza ecclesiale, auguro che possiate continuare ad essere per l’Ucraina segno sicuro di riferimento e di orientamento.

Ci stiamo preparando alle prossime importanti scadenze politiche e anche questo costituisce un’occasione particolare per portare come Greco-Cattolici Ucraini una testimonianza che aiuti la gente a capire cosa vuole veramente e ad agire di conseguenza, testimoniando i valori di giustizia, di equità, di rispetto dei diritti umani, compresi quelli che a volte sono calpestati in silenzio e che riguardano la vita umana dal concepimento al suo naturale compimento. Speriamo che anche questo attragga l’attenzione dovuta da parte di tutte le Chiese, che si sentano mobilitate in un tentativo di essere testimoni credibili della difesa di coloro che non hanno voce.

Questo vostro lavoro si svolge su una tematica, che abbiamo già brevemente commentato ieri: quella fondamentale della Parola di Dio, la quale, specie nelle tradizioni cristiane orientali, ha una sensibilità specifica: quella di vivere una incarnazione nelle varie culture fino alle sue conseguenze più profonde. Questo fenomeno suscita la gratitudine della Chiesa universale nei confronti dell’oriente cristiano perché molto spesso proprio la conversione dei popoli orientali ha portato anche alla fioritura di nuove, robuste e articolate espressioni culturali. Esse sono uniche e irripetibili senza, lo speriamo,  che si chiudano all’impulso missionario, ma costituendo un arricchimento che va a vantaggio di tutta la Chiesa universale. Senza questa incarnazione culturale della Parola di Dio la Chiesa sarebbe impoverita e in qualche modo perderebbe una caratteristica fondamentale che la distingue.

L’augurio che il Papa vi rivolge per il mio tramite è di sentire sempre vicina la Santa Sede, sollecita per i vostri bisogni, nel tentativo di precedervi, accompagnarvi, e seguirvi in tutte le cose che possono essere il segno della vocazione della Chiesa di Roma ad animare e sostenere la carità universale. Questo è un impegno che la Nunziatura in Ucraina quotidianamente assume, in contatto diretto con Papa Francesco e secondo le sue indicazioni. Egli peraltro ha avuto anche occasioni molteplici di incontrare Sua Beatitudine, in circostanze che mi sembra si siano rivelate molto fruttuose e che pongono le basi per una sempre più robusta e profonda collaborazione.

Nel vostro ordine del giorno avete anche alcune nomine di nuovi vescovi. Su questo noi invochiamo abbondante l’effusione dello Spirito Santo perché questo evento costituisce quasi un punto culminante della specificità delle Chiese Orientali Cattoliche di scegliersi direttamente i propri pastori. Siamo certi che, grazie anche alla cura con cui il Segretariato del Sinodo predispone sempre con pazienza certosina la documentazione, queste nomine saranno rese più facili e proficue. Quello che raccomandiamo è di rendersi sempre conto che la cooptazione di nuovi membri del collegio episcopale non è semplicemente la nomina di qualcuno in un club di una certa importanza sociale, ma l’allargamento del collegio apostolico a cui è affidata la Chiesa stessa. I criteri di scelta saranno quelli di una sana, profonda, viva spiritualità e contemporaneamente anche di una sperimentata capacità di governo che costituisce la caratteristica specifica di questo ministero. La vostra Chiesa, risorta  dalle catacombe, è numerosa e quindi si rende sempre più ampia la possibilità di scelta. Siamo convinti che queste scelte saranno non solo un abbellimento ma un costitutivo arricchimento della vostra capacità di essere veramente e collegialmente responsabili dei vostri fedeli.

Cosa molto importante, sento molta attesa da parte dei vostri fedeli per questi Sinodi. Più la comunicazione sarà abbondante e incisiva, ovviamente per le cose che si possono comunicare, più la gente camminerà con voi, vi accompagnerà nella preghiera, vi sosterrà dello sforzo, nel sacrificio e sentirà che i propri padri e fratelli sono effettivamente riuniti per pensare al bene comune. Il popolo ucraino sta cercando appassionatamente qualcuno che pensi al bene comune; ha bisogno assoluto di padri che siano non paternalistici, ma autentici, perché eredi di coloro che hanno dato il sangue in passato e sono pronti a darlo oggi per animare e ispirare la fede del proprio popolo.

In questa occasione vorrei dirvi una parola, che mi viene anche da alcuni contatti con le autorità di questo Paese, una parola di profondo apprezzamento a Sua Beatitudine Sviatoslav per il lavoro intrapreso di riorganizzazione e di piena trasparenza amministrativa nella vostra Chiesa, chiamata a conservarsi e svilupparsi in piena onestà, quale esempio per tutta l’Ucraina. Voi sapete che il martirio rende impossibile diventare ricchi, la libertà no. Allora, quello che molto spesso mi viene ricordato è la vocazione speciale della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina di mantenere nei tempi di libertà la stessa trasparenza e la stessa modestia di mezzi e di vita personale che sono state proprie dei tempi di persecuzione, in modo da vincere la tentazione di riprendersi in modo opaco quello che è stato a suo tempo ingiustamente tolto. La Chiesa deve avere un’amministrazione cauta, prudente, ben finalizzata, attenta ai poveri e alle singole persone. Sapete che questa è un’indicazione costante di Papa Francesco. Noi non siamo un’istituzione commerciale, né una organizzazione di carattere laico: siamo una comunità orante, il che vuol dire che il primo impegno è la preghiera,  la preghiera di tutti insieme, l’attenzione alle persone che pregano insieme con noi. Nella tradizione orientale si usa molto spesso per il vescovo la parola di co-liturgo, cioè colui che celebra insieme con gli altri. Sia questo essere “concelebrante“ la natura fondamentale dell’essere vescovo, preoccupato costantemente della cura personale di tutti i sacerdoti affidati, tanto più quando essi si trovano nella condizione, per tanti aspetti feconda, ma per altri difficile, di vivere in famiglie sacerdotali numerose.

Con questo augurio di una profonda esperienza religiosa, di una esperienza spirituale che sia veramente una Pentecoste in questi vostri giorni di incontro, perché il Signore ispiri i vostri passi e voi siate alla sua sequela, vi consegno l’abbraccio fraterno e la benedizione di Papa Francesco perché possiate essere sereni e fieri di quello che siete e di quello che siete chiamati ad essere per confermare i fedeli greco-cattolici nella fede e nella carità. Grazie e buon lavoro.

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