Intervista del Cardinale Sandri a Zhyve TV

Intervista del Card. Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali,
con i giornalisti di Zhyve TV
Kyiv, 12 luglio 2017

 

 

– Sia lodato Gesù Cristo!

Vostra Eminenza, benvenuto nello studio di Zhyve TV, benvenuto in Ucraina, sappiamo che è già la terza volta che Lei è in Ucraina. La quarta. Questa volta il Suo programma, oltre a Kyiv, consiste nel visitare anche l’Ucraina orientale ed occidentale. Oggi si tratta di due realtà diverse: là c’è la guerra e Lei si incontrerà con gli sfollati, con la Caritas, con le persone che aiutano la gente, mentre nell’Ucraina occidentale Lei pregherà a Zarvantsia, dove ci sarà la Divina Liturgia Solenne, il pellegrinaggio, e molte persone. Oggi, queste sono due realtà nelle quali dobbiamo vivere contemporaneamente. Lei dovrà dare una parola sia in oriente, che in occidente. In cosa consiste il Suo messaggio, in cosa sarà uguale e in cosa si distinguerà?

 

– Intanto, sempre sia lodato Gesù Cristo!

Grazie per questa intervista, che mi permette di arrivare a tanti ascoltatori tramite questo mezzo, creato dalla Chiesa Arcivescovile Maggiore per le comunicazioni sociali. Quindi, saluto Lei e tutti quelli che lavorano qui e mi auguro che sia uno strumento di comunicazione per la vita della Chiesa e per la vita cristiana in generale dell’Ucraina. Penso che c’è una sola realtà che unisce questo mio viaggio qui per la quarta volta in Ucraina ed è la Madonna, la Madonna di Zarvanytsia. E qui siamo tutti pellegrini verso la nostra Madre, verso la Madre dell’Ucraina e in questo pellegrinaggio siamo uniti, siete uniti tutti gli ucraini: quelli dell’oriente e quelli dell’occidente, quelli che soffrono e quelli che possono vivere una certa pace. Perché tutti noi andiamo con le nostre lacrime, con i nostri problemi e difficoltà a quella che è l’ausilio dei cristiani, la Madre che Dio ci ha lasciato, Gesù Cristo nella croce: “Ecco la tua madre”. La realtà dell’Ucraina, come Lei ha detto, in questo momento sembra come anche possibilitare geograficamente la, diciamo, divisione, anche se sempre non vanno separate queste cose delle tre grandi virtù teologali: la fede, la speranza e la carità. E in queste due realtà, che Lei ha detto adesso si trova divisa un po’ l’Ucraina, tra la parte che soffre di più le ostilità e la violenza e la parte che vive un po’ in pace, possiamo raffigurare la fede e la carità. E dire che mentre nell’occidente, grazie al lavoro pastorale della Chiesa greco-cattolica, al lavoro dei suoi pastori e dei suoi preti, la vita della Chiesa cresce, cresce attraverso l’opera speciale che fa anche qui nella parte occidentale, ma soprattutto attraverso la trasmissione della fede, la catechesi, la formazione dei giovani, il lavoro della pastorale vocazionale, il lavoro della cultura: entrare nel mondo della cultura, trasmettere i veri valori che sono alla radice di questo Paese e che saranno la forza di vita per tutti. Tutta l’opera di carità che si fa anche negli ospedali e nei campi, dove vengono ad assistere quelli che non hanno case. Questa sarebbe la realtà della Chiesa che cresce nella fede, ma ovviamente non può mancare questa fede anche nelle regioni che sono colpite dalla guerra, ma lì si sottolinea di più la virtù della carità, si sottolinea di più il farsi samaritano, il prossimo di quelli che sono le vittime dirette, di questi momenti tragici per la vita dell’Ucraina, per queste sofferenze indicibili, soprattutto degli innocenti, dei bambini, delle donne, degli anziani e di tutti quelli che sono abbandonati.

Abbiamo ieri visitato Maydan e poi il museo di Holodomor, e certo vedendo Holodomor io pensavo: raggiungere quei livelli lì di barbarie sarà sempre difficile, lo speriamo. E speriamo che questo non succeda in qualche altra maniera nell’Ucraina orientale. Ma lì è tutta la Chiesa Cattolica, in primo luogo il Papa, che ha voluto pensare a questo amore, a questa carità, a questo servizio, a questa consolazione, all’olio della consolazione, a lenire le sofferenze attraverso una colletta che lui ha indetto, sorpresivamente, queste sorprese che può avere il cuore di un uomo che ama, questa colletta dell’Europa cattolica, o per i cattolici, soprattutto ma per tutti quelli che volevano contribuire, per l’Ucraina, per tutti quelli che sono vittime di questa situazione. Che siano della Chiesa, che siano della confessione religiosa, l’unica carta d’identità è il dolore, la sofferenza e il sopruso. Quindi, arrivare a queste persone farà sì, per così dimostrare che l’essenza del Vangelo, l’essenza della vita della Chiesa è il servizio, l’amore, la carità. E questo lo dico un po’ schematicamente perché, come dicevo, non può esserci la carità senza la fede, non può esserci la fede senza la carità. Ma questi due aspetti si sottolineano in queste due realtà dell’Ucraina di oggi, come Lei ha detto.

E sono uniti da un nuovo entusiasmo, da un nuovo spirito di credere veramente e amare veramente, andando verso la Madonna. E questa è la nostra speranza: “Spes nostra salve”, diciamo noi nella preghiera latina della “Salve Regina” alla Madonna. Spes nostra salve, cara Madre dell’Ucraina, Madre della Chiesa, intercedi per queste sofferenze di questo popolo. E soltanto in Dio e nella sua Madre troveranno consolazione e pace tutti quelli che stanno in questo momento soffrendo e dando la propria vita in queste situazioni di dolore. E la Madonna asciugherà ogni lacrima con le sue lacrime e sarà lì come sempre ai piedi della croce e per noi sarà sempre: “Ecco la tua Madre”, Madre di speranza, di speranza per il Paese, perché veda un futuro degno della sua dignità. Pensiamo agli ucraini, soprattutto alle persone, vedere queste persone anziane che già hanno sofferto durante la guerra mondiale adesso di nuovo, i giovani, quelli che emigrano, che devono lasciare il Paese perché non trovano una soluzione ai loro ideali, alla sicurezza, a pensare a costruire una famiglia, ad essere, forse, servitori di Dio e della Chiesa. E quindi, che cosa porta con più forza questa fede e questa carità? La speranza di andare ai piedi della Madonna di Zarvanytsia e di dire: “Ecco, Madre nostra, tu sei la nostra speranza, consolaci e dacci la forza per andare avanti, nonostante tutte queste difficoltà”.

Questo sarebbe il messaggio che io darei all’Ucraina, che darei a nome del Papa che mi ha detto delle parole veramente piene di affetto, piene di vicinanza, di partecipazione e di amore verso il popolo ucraino. E penso che questa devozione alla vostra Regina, alla Madonna di Zarvanytsia, sia veramente l’olio più consolante per questa situazione e per integrare la vita della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina nel contesto nazionale, con tutte le altre confessioni, con tutte le altre componenti di questo grande popolo, di questo grande Paese.

 

– Vostra Eminenza, profittando della Sua venuta in Ucraina, si vorrebbe sentire da parte Sua qual è il posto delle Chiese Orientali nella Chiesa Universale, e allo stesso tempo qual è il posto della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina nel dialogo, nel colloquio, nel processo ecumenico in Ucraina?

– Come tutti sappiamo, le Chiese Cattoliche Orientali sono state quasi un po’ ignorate nella vita della Chiesa Universale. Di fatti oggi spesso, ai nostri giorni, se noi parliamo con certi cattolici latini dell’occidente, loro pensano che la Chiesa Cattolica è la Chiesa Latina, è la Chiesa dell’Occidente, soltanto. E magari sì, ci sono quelli strani che fanno altri riti, ma sono gli ortodossi, non i cattolici. Invece nella Chiesa Cattolica esiste, come diceva che tutti lo abbiamo sentito tante volte: è una Chiesa che respira a due polmoni, come diceva Giovanni Paolo II. E quindi la componente delle Chiese Cattoliche Orientali fa parte integrante della Chiesa Cattolica Universale. E, a differenza dei nostri fratelli ortodossi, queste Chiese Cattoliche Orientali hanno le stesse liturgie, le stesse devozioni, la stessa fede, ma in più hanno questo vincolo di comunione con il successore di Pietro, con il Vescovo di Roma. Ed è questa la caratteristica principale dal punto di vista esistenziale delle Chiese Cattoliche Orientali, rispetto alle Chiese ortodosse. E noi abbiamo un doppio movimento, noi latini: innanzitutto, rispettiamo e veneriamo e promoviamo le Chiese Orientali Cattoliche sia nei loro territori, sia in tutte le parti, dove a causa dell’emigrazione si devono dare a loro le possibilità pastorali per la loro esistenza e la loro crescita. Ma anche noi diamo a queste Chiese tutta la venerazione che abbiamo anche per le Chiese ortodosse, perché non è che noi perché abbiamo le Chiese Cattoliche Orientali ci dimentichiamo dei nostri fratelli ortodossi perché sappiamo bene che siamo, purtroppo dobbiamo dirlo, quasi quasi già uniti dal Signore, senza però questa comunione con il Vescovo di Roma. Ma abbiamo la Madonna, abbiamo i Sacramenti, abbiamo l’insegnamento del Vangelo, della Chiesa, della morale, tante cose in comune, i Santi, i martiri, adesso soprattutto in Medio Oriente, tanti martiri con le Chiese anche ortodosse, come la Chiesa copto-ortodossa. E quindi, le Chiese Cattoliche Orientali nella Chiesa Cattolica hanno un luogo di pari dignità e di stesso rispetto che si deve avere per la Chiesa e per i cattolici latini. E ci sono tantissimi documenti, soprattutto da prima del Concilio Vaticano II, ma dopo il Concilio Vaticano II tanti insegnamenti del Papa e della Chiesa su questa dignità, su questa venerazione che i cattolici latini devono avere anche per i cattolici orientali. Diceva Papa Leone XIII, mi pare: “La Chiesa non è ne anglica, ne ispanica, ne orientale, è cattolica”. E lì siamo tutti dentro questo manto della Madre che è la Chiesa, madre di tutti.

E la Chiesa greco-cattolica, dentro questo contesto, occupa direi un luogo preminente. Per quanto riguarda le chiese bizantine è la prima, è quella più importante per noi, per i cattolici; è quella che ha il maggior numero di fedeli, ma non si tratta soltanto di una maggioranza di numero, ma ha anche la sua Gerarchia: ha il suo Arcivescovo Maggiore, i Vescovi, il Sinodo presieduto dall’Arcivescovo Maggiore e, con la Chiesa siro-malabarese dell’India, sono le due Chiese per noi più importanti. Ci sono altre Chiese anche che hanno grande grande storia e grande dignità, tutte diciamo, però mi riferisco in particolare alla Chiesa maronita e alla Chiesa melchita. Forse, loro avrebbero anche perso un po’ di numero di fedeli per l’emigrazione, e quindi sono serviti pastoralmente dai loro Vescovi e dai loro sacerdoti, fuori del loro territorio. Ma la Chiesa Greco-Cattolica Ucraina è per la Chiesa Cattolica una specie, come possiamo dire, se pensiamo a un fiore, il fiore all’occhiello orientale ce l’abbiamo con la Chiesa greco-cattolica. Ma ovviamente non è una chiesa isolata, è una Chiesa che convive con altre componenti dentro di questo grande Paese, che è l’Ucraina.

– Grazie. Una domanda personale. Lei è stato subito dopo la Liturgia nella cripta, dove riposa Sua Beatitudine Lubomyr. Vorrei chiedere le Sue memorie personali, si potrebbe persino dire, una testimonianza personale di questo uomo: chi era Lubomyr Husar, secondo Lei?

 

– Io l’ho conosciuto per la preparazione del viaggio del Santo Padre Giovanni Paolo II in Ucraina. Lui veniva spesso a Roma per tutti i dettagli, anche di questi dettagli, io ricordo che parlava di un’antenna che bisognava comprare per fare la trasmissione di tutti gli avvenimenti del viaggio del Santo Padre. Dato che io ero il Sostituto della Segreteria di Stato in quel momento ho dovuto avere tanti incontri con lui, vedere tutte le necessità e in tutto quello che si poteva sostenere ed appoggiare questo viaggio che era un evento storico, perché dopo la caduta del comunismo l’Ucraina, che poi era sempre un’ansia di Giovanni Paolo II di venire a trovare questo Paese, a trovare la sua gente, e i suoi fedeli. Quindi lì ho conosciuto un uomo sereno, saggio. E poi quando il Papa lo ha fatto anche Cardinale, ricordo che ha voluto aspettare alle elezioni del Sinodo che si è fatto a Leopoli, e appena ha saputo che lui era stato eletto come Arcivescovo Maggiore, lo ha annunciato come Cardinale, credo al giorno seguente, si aspettava questo risultato del Sinodo. Quindi io mi chiedevo: “Ma come mai il Papa ha questa premura per il Cardinal Husar?”. E poi me ne sono accorto, parlando con lui già come Prefetto della Congregazione Orientale, quando ho visitato la vostra Chiesa già come Prefetto, mi pare nel 2008, tante conversazioni, lui nel possibile mi accompagnava, veniva sempre a Roma. Quindi, ho soprattutto apprezzato di lui la saggezza, la saggezza che vuol dire paternità e non di essere un ingenuo o uno che crede a qualunque cosa, ma un vero padre. Perché è lì il problema, il problema è amare tutti, quando lui è il Vescovo, l’Arcivescovo Maggiore, il Padre della Chiesa e poi se ci sono problemi risolverli anche, non è che dicendo “no a questo o all’altro”. Lui aveva questa forza impressionante che ho visto nel modo della sua parola, del suo pensiero manifestava. E devo dire che per me questa saggezza era una saggezza ucraina, se vogliamo dire questo, perché era una figura che interpretava la nazione ucraina, dopo la caduta del comunismo come una nazione che aveva e che ha una vocazione speciale. E ne ho sentite tante tante delle sue riflessioni che, soprattutto lui poi ha cercato i contatti con il mondo della cultura, il mondo della politica, il mondo delle componenti sociali di questo Paese e sapeva dare a tutti, ha scritto alcuni libri, anche qualche libro intervista, mi pare, e lì si vede questo flusso di saggezza di questa persona così amabile.

 

– Grazie! Hai tempi del comunismo, l’Ucraina, purtroppo, e la Chiesa Greco-Cattolica Ucraina in particolare ha avuto dei tempi molto difficili. Il regime comunista ha cercato di distruggere, come sappiamo, la Chiesa greco-cattolica, di dividerla dal popolo. Il fatto che non è riuscito a farlo, che la Chiesa Greco-Cattolica Ucraina è rinata, questo è per il grande merito del Vaticano e in particolare di Papa Giovanni XXIII, che ha fatto di tutto per liberare Sua Beatitudine Josyf Slipiy, che è stato per 18 anni nei lager. E il Vaticano ha sempre sostenuto molto l’Ucraina durante tutti questi anni difficili e la presenza di Sua Beatitudine Josyf Slipiy in Vaticano anche è un sostegno per i papi successivi, che hanno influito sulla custodia dell’Ucraina e sull’identificazione ucraina. Per questo so che Lei dall’anno 1977 Lei, essendo nella Segreteria di Stato, quando ha conosciuto Sua Beatitudine Josyf Slipiy e in quali condizioni è avvenuta la vostra conoscenza?

 

– Sì, l’ho conosciuto in Segreteria di Stato. Allora ero ancora giovane, non realizzavo l’importanza di conoscere queste personalità. Ma innanzitutto, Papa Giovanni XXIII e San Giovanni XXIII, che lo ha presentato a tutta la Chiesa dopo la liberazione come un eroe della fede e come tale è stato da tutti riconosciuto. Noi abbiamo tutti dei difetti, ma quando una persona soffre il carcere, la persecuzione, per non dire di quelli che addirittura sono stati uccisi, non possiamo fare altro che inclinarci come testimoni eroici della fede ed è questo che io capivo della figura del Cardinale Josyf Slipiy. Per cui ha avuto tutto gli onori da parte della Chiesa Cattolica, ricordo che, ad esempio, nell’appartamento che gli si è dato in Vaticano aveva quasi raddoppiato le dimensioni della cappella come se lui, grande pontefice della liturgia bizantina avesse bisogno di questi spazi per poter celebrare la sua Divina Liturgia. Ma io avevo con lui un rapporto diciamo, come dire, piccolo, oppure più umano. Lui aveva delle suore in casa sua, una si chiamava suor Tekla, questa suor Tekla era ucraina-argentina, perché era venuta dall’Ucraina. Non mi ricordo di che ordine era, se era delle basiliane, non mi ricordo, ma questa suor Tekla, che serviva Sua Eminenza, portava sempre yerba dall’Argentina e mi chiamava e mi dava, a nome del Cardinale, mi regalava la yerba per prendere il mate. Quindi avevo un vincolo con il Cardinale Slipiy che, scendendo a questi particolari che sono domestici, manifestava per me un grande affetto e una grande simpatia.

 

– Ci dica se la figura di Josyf Slipiy ha influito in qualche modo sullo sviluppo della Chiesa Universale, o se la sua permanenza in Vaticano ha forse cambiato qualche aspetto?

 

– Io tornerei alla domanda che mi ha fatto il suo collega. Sull’importanza delle Chiese Cattoliche Orientali nella Chiesa Cattolica. Io credo che, a parte i documenti e questi fatti là, uscita dalle tenebre della dittatura e della persecuzione, le figure come quelle di Josyf Slipiy e che poi è stato posto alla ammirazione di tutta la Chiesa Cattolica abbiano fatto conoscere e approfondire le Chiese Cattoliche Orientali e dato un nuovo impulso alla loro vita e che poi lui ha cominciato a far crescere qui la Chiesa Greco-Cattolica in Ucraina. Quindi, con i suoi successori: il Cardinal Lubachivski, poi il nostro Cardinal Husar e il suo successore intanto credo che voi, cattolici orientali, ci insegnate di più non tanto con la conoscenza che dobbiamo avere della vostra spiritualità, della vostra liturgia, di tutto quello che voi portate nell’anima attraverso la vostra identità orientale, ma soprattutto ci insegnate con la testimonianza del sangue, della vita, della persecuzione. E credo che questo abbia dato un nuovo impulso nella Chiesa Universale, alla vita e alla conoscenza delle Chiesa Cattoliche Orientali. Quindi vedo Slipiy come uno di questi eroi vostri che, come in un nuovo periodo del cristianesimo primitivo, ha portato alla luce il valore della testimonianza con la parola e con la vita.

 

– Grazie. Un’ultima piccola domanda. Cosa augura alla Chiesa Greco-Cattolica Ucraina: cosa ci augura e dove dobbiamo dirigerci, secondo Lei, che futuro vede per noi?

– Io vedo il vostro futuro, soprattutto in quello che già stanno facendo l’Arcivescovo Maggiore e i Vescovi, cioè la promozione della vita cristiana, del senso della vita, di dare una speranza alla gente attraverso le proprie convinzioni di fede religiose. In questo senso, credo che questo debba continuare ed è questo che io vorrei sottolineare: voi a un certo punto dovete essere, non tanto avere impulsi per questa storia triste del passato, ma avere uno sguardo verso il futuro per le generazioni che stanno qui in Ucraina e per tutti quelli che sfortunatamente devono lasciare il Paese per andare a trovare lavoro fuori nel continente europeo, negli Stati Uniti. Sono stato a maggio in Australia, anche lì c’è la presenza ucraina. Quindi la Chiesa, attraverso i suoi pastori, ha un futuro tutto suo che nasce dalla sua tradizione, dalla sua storia, dai suoi martiri, da che è proiettato verso un futuro grande e luminoso, perché illuminato dai valori cristiani, che è aperto a quello che per noi è, diciamo, uno dei drammi più grandi in questo secolo, di questo periodo ed è la divisione dei cristiani. Quindi, voi siete chiamati ad essere fedeli al vostro passato, pensando al futuro, e soprattutto come protagonisti di quel “Che siano uno”, che Cristo ha desiderato per la sua Chiesa. E voi siete in condizioni di poterlo fare meglio di noi perché siete co-abitanti con altre espressioni orientali ortodosse e anche con altri cristiani che possono anche partecipare a questo ecumenismo della vita, del sangue, della testimonianza e della speranza.

 

– La ringraziamo molto per questo incontro e Le auguriamo un buon pellegrinaggio spirituale verso la Madonna di Zarvanytsia.         

 

– Grazie a voi e un saluto a tutti i vostri telespettatori, specialmente quelli che seguono tutte le vostre trasmissioni e che hanno la pazienza di ascoltare anche interviste come la mia. Grazie, grazie!

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