Ucraina, il nunzio a Kiev: è difficile avere aiuti, confidiamo in Dio
L’arcivescovo Visvaldas Kulbokas si trova nella nunziatura, nella capitale ucraina, dove condivide la sorte dei milioni di civili che cercano riparo dalla battaglia che si è sviluppata in città: “Mi chiedo come farà la gente tra pochi giorni con i malati e con il cibo, come reagiranno i bambini che hanno subito questa violenza? Come cristiano cerco di aiutare tutti a credere nella fratellanza e nel rispetto degli altri”
Alessandro De Carolis – Città del Vaticano
Un palazzo sventrato da un missile russo, un’ambulanza ferma fra una cintura di blindati e il blocco dei cavalli di frisia. Autostrade su cui transitano, e si sparano, i carri armati. La follia di Kiev, dove quattro giorni fa il traffico era irrefrenabile e la gente a cena fuori nei locali, è tutto nelle immagini desolanti che arrivano a centinaia dal fronte di guerra aperto dalla Russia in Ucraina e simboleggia il terribile scenario che da giovedì sta vivendo un’intera nazione. Nella morsa dei combattimenti cercano scampo i civili, giù nelle fondamenta della città o a piedi verso i confini, tirandosi dietro un trolley come turisti di un’assurda vacanza.
Testimone diretto di quanto sta accadendo a Kiev è il nunzio apostolico, l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, la cui sorte, e quella dei suoi collaboratori, non è dissimile da quella che stanno vivendo milioni di concittadini. Ai media vaticani, il presule racconta quanto ha visto.
Eccellenza, stiamo assistendo con grande preoccupazione e dolore a quanto sta accadendo in Ucraina. Lei si trova a Kiev, diventata teatro di combattimenti: cosa può dirci della situazione che state vivendo?
È questa la mia preoccupazione maggiore: la città di Kiev, dove mi trovo e mi permetto di parlare, è grande, con poco meno di tre milioni di persone, e adesso in questi giorni è completamente paralizzata dall’azione di guerra. Oltre ai missili che passano e quindi alla gente che si nasconde come può, negli scantinati, nelle stazioni della metropolitana, la domanda che mi viene è: cosa fanno i malati? I malati di qualsiasi tipo di malattia, perché è difficile muoversi, è difficile spostarsi, trovare un’assistenza… Come fanno?
Le cronache che arrivano dal Paese restituiscono l’immagine di città fantasma, dove oltre all’assistenza sanitaria ormai è difficile anche procurarsi acqua e cibo…
Sì, sapendo che si avvicinavano giorni difficili, tutti hanno cercato di ammassare un po’ di viveri, ma questi dureranno per alcuni giorni e quindi nasce una domanda: cosa succederà se questa situazione si protrae per più giorni? Cosa rimarrà da mangiare? Perché non c’è modo per rifornirsi, adesso, ed è rischioso anche rimanere negli appartamenti, nelle stanze, è difficile stare nei luoghi comuni… Anche noi, in nunziatura, cerchiamo di stare nei piani inferiori dove c’è meno rischio di essere colpiti. E quindi è ancora più difficile uscire fuori e trovare qualche negozio aperto, ma non mi sembra che siano aperti oppure che siano capaci di rifornirsi, perché anche le strade sono tagliate… Cosa succederà tra alcuni giorni, è una grandissima domanda.
Vediamo foto e video di persone che si sono rifugiate nelle cantine, nei tunnel della metro, soprattutto tante donne e tanti bambini, che certamente non capiscono che cosa abbia sconvolto all’improvviso la loro vita…
Questa è un’altra grande domanda. Noi, gli adulti, che preparazione diamo ai bambini? Perché magari un adulto passa attraverso la sofferenza, ma un bambino… Già avevo conosciuto in Italia e in altri Paesi europei persone cresciute durante la Seconda Guerra mondiale: quante sofferenze stanno continuando a patire ancora, a tutt’oggi… Stavo pensando questa mattina ai bambini di Kiev: quando cresceranno, che tipo di atteggiamento avranno nei confronti degli altri avendo vissuto i primi giorni, i primi mesi, i primi anni della vita sotto gli spari, sotto i missili? Questa è un’altra grandissima domanda…
Come state tutti voi nella nunziatura?
In nunziatura sappiamo che ci troviamo in un quartiere residenziale e quindi non immediatamente esposto sulle arterie principali della città. Comunque, si sentono i missili che passano, si sentono le esplosioni – anche la notte scorsa – le battaglie nelle vicinanze… Anche noi, il personale della nunziatura, siamo nei piani inferiori pronti a rifugiarci nello scantinato se vediamo un’immediata esigenza. Ma preghiamo: preghiamo per noi, per gli altri, preghiamo per la pace, preghiamo per la conversione di tutti.
Che appello si sente di lanciare?
Più che un appello, mi pongo la domanda di fronte a Dio: che cosa mi dice il Dio eterno con questa situazione? Che cosa devo fare con me? E io, da cristiano, capisco che nulla succede che sia nascosto al Signore Gesù e che anche in una situazione così pesante la mia vocazione è cercare la mia conversione ma anche cercare di aiutare gli altri. “Gli altri” vuol dire “tutti”: a convertirsi e a fare in modo non solo di ritrovare la pace, ma la fratellanza, il rispetto degli uni per gli altri.
La Chiesa prega per la pace in Ucraina e lo farà in modo speciale il 2 marzo, come chiesto da Papa Francesco. Un momento al quale immaginiamo sarete uniti con forza…
Per noi, il 2 marzo è ancora molto lontano, bisogna arrivarci. Noi preghiamo per la pace in ogni momento, perché è anche un momento che ci ispira, perché provoca questa preghiera intensa, di affidamento al Signore, di affidamento alla Vergine Maria, la Madre di tutti: la Madre di tutti, non soltanto della Chiesa dei cristiani. Noi come cristiani sappiamo che i musulmani rispettano tantissimo la Vergine Maria, quindi uniamo la nostra preghiera anche alla loro, affinché la Vergine Maria interceda per tutti noi.