Omelia del Nunzio Apostolico, S.E. Mons. Visvaldas Kulbokas, in occasione della Giornata internazionale per le vittime delle torture
Kyiv, Cattedrale di Sant’Alessandro, 25 giugno 2023
Le letture bibliche che abbiamo ascoltato oggi, corrispondono alla XII domenica del Tempo Ordinario, e quindi di per sé non hanno nulla a che vedere con la Giornata internazionale per le vittime delle torture che verrà celebrata domani 26 giugno, ma che noi, con il Vescovo Vitaliy, abbiamo preferito ricordare con la preghiera già oggi, per essere più numerosi e più uniti nel supplicare il Signore perché protegga tutti da ogni violenza.
In ogni caso, soprattutto la prima lettura, presa dal libro del profeta Geremia, ha un tema che è molto vicino a quello della nostra preghiera di oggi. C’è una moltitudine di persone che cercano di fare il male al profeta Geremia, senza alcun motivo ragionevole, ma semplicemente perché egli trasmette la parola di Dio, e non parla nel modo in cui la gente vuole sentirlo. Geremia non ha commesso nessuna colpa nei loro confronti, ma quella gente si è offesa perché nella sua prepotenza voleva che Geremia gli si sottomettesse. Ma Geremia si sottomette a Dio, non agli uomini.
Quando noi oggi pensiamo ai tanti ucraini, militari e civili, compresi alcuni minorenni, che sono stati torturati dai militari russi, siamo scioccati, e non soltanto rattristati. Perciò la nostra preghiera a Dio è simile a quella di Geremia: In te, Signore, ripongo la mia speranza, sono certo che tu sai tutto e che ristabilirai la giustizia. Anzi, si tratta di qualcosa di più di sola giustizia umana: Tu mi salvi, Signore.
La salvezza nel senso cristiano è la vocazione di tutti. Le vittime delle torture hanno bisogno di essere difese dalla violenza fisica, ma non soltanto. Quindi, noi preghiamo per la salvezza fisica e, ancora di più per la loro salvezza spirituale. E affidiamo al Signore persino i torturatori che compiono queste azioni disumane.
Tuttavia, la preghiera da sola non è sufficiente. Come abbiamo bisogno di acqua e di cibo, e, purtroppo, anche delle armi per proteggerci in alcuni casi, così tutta l’umanità ha bisogno di essere più responsabile anche nel cercare gli strumenti internazionali adatti per sradicare la tortura, in modo che persino la tortura di una sola persona sia vista dalla comunità internazionale come un delitto gravissimo, contro il quale tutti devono mobilitarsi. Proprio per questo l’intenzione di preghiera che Papa Francesco ha scelto per il mese di giugno è formulata in questo modo: “Preghiamo perché la comunità internazionale si impegni concretamente nell’abolizione della tortura, garantendo un sostegno alle vittime e ai loro familiari”.
Quando noi preghiamo con questa intenzione, sappiamo che seminiamo dei semi di grazia, in noi stessi e in altre persone. Questi semi avranno bisogno di trovare un terreno fertile, cioè gli sforzi concreti per abolire le torture. Ma nel frattempo è importante gettare nel campo dell’umanità questo seme, chiedendo che sia lo Spirito Santo a ispirare nei cuori di tutti le azioni concrete per difendere i deboli contro la prepotenza dei forti.
In te crediamo, Signore, e ci fidiamo di te.