Indirizzo dell’Arcivescovo Claudio Gugerotti in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani

Kyiv, Chiesa di San Basilio Magno, 21 gennaio 2018

 

Venerati e cari fratelli nel Signore,

lo Spirito di Dio ci ha convocato questa sera, tutti insieme, al di là di quanto ancora ci divide, per riflettere e pregare.

Il tema di questa settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani parte dalla certezza che Dio ci libera personalmente da quanti ci vogliono schiavi. Questo tema è stato elaborato da comunità cristiane, quelle dei Caraibi, che hanno conosciuto per secoli la servitù del colonialismo.  Per essi la pace che Cristo ci ha portato, con la sua morte e risurrezione, è dunque questa liberazione. Ma in che modo Cristo ci ha liberati?

Tutto fa riferimento alla liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù dell’Egitto: una liberazione costata quarant’anni di cammino nel deserto, di fame, di sete, di tradimenti, di nostalgia per le sicurezze elementari di cui lo schiavo gode: sopravvivere anche senza libertà.

La tentazione di essere schiavi pur di mangiare ha seguito tutta la storia dell’umanità, come magistralmente ha messo in evidenza Dostoevskij nella “Leggenda del Grande Inquisitore” dei “Fratelli Karamazov”: Il Grande Inquisitore ha capito bene questa tentazione. Rivolto a Gesù, che improvvisamente ritorna sulla terra, egli dice: “La libertà della fede ti era più cara di tutto…Ebbene adesso li hai visti, questi uomini liberi? … Proprio oggi questi uomini sono più che mai convinti di essere perfettamente liberi, e tuttavia ci hanno essi stessi portato la loro libertà, e l’hanno deposta umilmente ai nostri piedi”.

Noi, guariti dalla libertà che Cristo ci ha comprato sulla croce, abbiamo voluto tornare schiavi. Come è avvenuto questo? Ce lo spiega ancora l’Inquisitore di Dostoevskij: “Noi li sfameremo in nome tuo, facendo credere di farlo in nome tuo”. Essi ci diranno “Riduceteci piuttosto in schiavitù, ma sfamateci!”. Comprenderanno infine essi stessi che libertà e pane terreno in abbondanza per tutti sono per loro inconciliabili, poiché mai, mai essi sapranno ripartirlo fra di loro! Si convinceranno pure che non potranno mai essere liberi, perché sono deboli, viziosi, inetti e ribelli”.

L’incapacità di creare giustizia, la voglia di pane, la coscienza del male subito, il desiderio che qualcuno ci comandi cosa fare, questo nella storia umana ci ha fatto spesso rinunciare alla libertà, anche a quella che Dio ci ha regalato nel suo Figlio Gesù. L’Inquisitore rimprovera Gesù e gli chiede perché non abbia accettato di diventare Cesare e di dare così a tutti la pace universale. In questo modo la coscienza degli uomini si sarebbe piegata; in questo modo gli stessi pani che sono stati rubati al popolo sarebbero ricevuti dal popolo con riconoscenza dalle mani proprio di quanti li hanno derubati: l’importante è che si sentano protetti, come i bambini, ai quali organizzare tutto, anche i giochi, ammaestrandoli persino su quando provare gioia e quando dolore. Così descrive Dostoevskij la logica del potere.

Ecco, cari fratelli, come si perde la libertà.

Gesù ci aveva detto nel Vangelo che sarà la verità a farci liberi, ma noi abbiamo spesso venduto la nostra libertà, e dunque la verità, solo per essere tranquilli.

“Vi lascio la pace, vi do la mia pace, non come la dà il mondo, io la do a voi”. Ecco il testo del Vangelo di oggi. Quale pace vuole da noi il Signore? Una pace, non come la dà il mondo. Non la pace del potere e della violenza, ma la pace del dono, del dono di noi stessi. Lo avevano ben capito gli antichi cristiani che, in ogni parte del mondo, erano pronti a morire per testimoniare Cristo e la sua verità e per avere in cambio la sua pace. E la Chiesa ha sentito questo così importante che, dopo Cristo, la sua Santissima Madre, gli Apostoli e Giovanni il Battista, ha chiamati santi proprio i martiri e sulle loro tombe ha voluto celebrare l’Eucaristia.

Eppure, nel corso dei secoli, quei figli di martiri hanno cominciato ad accusarsi e talvolta ad uccidersi a vicenda, per mostrare chi era più fedele a Gesù Cristo, chi lo possedeva di più. E così non solo abbiamo perso la pace che ci dà il Signore, ma anche quella che ci dà il mondo. Il Signore ci ha promesso che, se avessimo ascoltato lo Spirito Santo, ci avrebbe guidato a capire tutto quello che egli ci aveva detto e così non avremmo avuto paura. E oggi, non solo rischiamo di dimenticarci dello Spirito Santo, ma viviamo nella paura, e nella paura gli uni degli altri, di cristiani nei confronti di cristiani.

Dio ci chiede di prendere coscienza del nostro peccato e di convertirci. Ci chiede di cercare insieme la voce dello Spirito perché il mondo creda, invece di ricevere scandalo proprio dalle nostre divisioni. Ed allora ci sarà donata la pace, non come la dà il mondo, con il contrasto delle armi e del potere, non lottando per mostrare chi è più forte e può maggiormente umiliare l’altro, ma con la pace che ci dona Gesù Cristo, il quale ha dato se stesso per la salvezza di tutti, anzitutto di coloro che lo avevano perseguitato.

Sì, cari fratelli, perché ognuna delle nostre Chiese ha avuto i suoi inquisitori, e non è detto che non li abbia ancora. Allora abbiamo bisogno di meno parole, di meno mezze verità, di meno proclamazioni retoriche. Abbiamo bisogno di comprendere il nostro orribile peccato e di ristabilire la coerenza col Vangelo prima che le nostre tradizioni, nella vita di ogni giorno.

Ricordiamoci quanto ci esorta a fare sant’Ignazio di Antiochia: “Chi professa la fede non commette il peccato e chi possiede l’amore non può odiare… Quelli che fanno professione di appartenere a Cristo si riconosceranno dalle loro opere… E’ meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo” (Lettera agli Efesini). E quale è l’unico modo per farci perdonare i peccati delle nostre divisioni, e dell’odio reciproco? La carità che è il nome stesso di Dio ed il comandamento più alto per il cristiano.

Ascoltiamo anche le parole di san Clemente romano, e vedremo che il compito che ci attende, scoprire la volontà nello Spirito Santo, è sempre lo stesso: “La carità ci congiunge intimamente a Dio, “la carità copre una moltitudine di peccati”(1Pt 4,8), la carità tutto sopporta, tutto prende in santa pace. Nulla di volgare nella carità, nulla di superbo. La carità non suscita scismi, la carità opera tutto nella concordia… Per la carità che ebbe verso di noi il Signore nostro Gesù Cristo, secondo il divino volere, ha versato per noi il suo sangue e ha dato la sua carne per la nostra carne, la sua vita per la nostra vita. Preghiamo dunque e chiediamo dalla sua misericordia di essere trovati nella carità, liberi da ogni spirito di parte, irreprensibili” (Lettera ai Corinzi)

E che Cristo, nostra pace, sia con tutti noi! Amen.

 

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